Descrizione
Prefazione – di Dario Fo
La raccolta di saggi sui canti popolari siciliani che qui si presenta contiene dei documenti veramente straordinari. Straordinaria intanto è la loro capacità di riportare al realismo più crudo canti sfrondati dal mito e dalla retorica; ma straordinari sono i luoghi del loro ritrovamento: testi consegnati da tempo alla Storia, che portano firme illustri e – almeno in teoria – conosciutissimi dagli addetti ai lavori. I nomi di Pitrè e di Guastella dovrebbero essere sufficienti a rappresentare i testimoni della cultura popolare siciliana della seconda metà dell’Ottocento, testimonianza della storia del “nostro” popolo.
Merito dell’ autore è indubbiamente l’ avere indagato – senza preconcetti, senza volontà di piegare i risultati – il già ‘noto’ per una rilettura critica. Ecco venire alla luce la capacità del popolo di narrare drammi in apparenza personali, ma in realtà drammi di una collettività: sia che si parli della distruzione di un’ attività basilare come la bachicoltura (per colpa certo di un virus, ma soprattutto della incapacità e della mancanza di volontà di baroni latifondisti votati unicamente all’ozio), sia che si parli di giovani e povere contadine vendute a vecchi ricchi e laidi.
E mi piace pensare che l’ autore abbia ricevuto impulso per le sue ricerche dalla partecipazione – e sono passati ormai quarant’ anni – al Ci ragiono e canto, che con Franca e altri autori abbiamo messo in scena per la Rai alla Palazzina Liberty. In quello spettacolo – fatto solo, forse è bene ricordarlo, di canti popolari – il popolo, attraverso, appunto, i suoi canti, i suoi gesti, i suoi balli, metteva alla berlina il Potere, lo svuotava della falsa gloria di cui ama ricoprirsi per non disvelare la sua inumanità, e mostrava una possibile alternativa, un altro modo di vivere, di stare insieme, di essere collettività.
Ma non posso concludere questa breve presentazione senza porre l’ accento sulla presenza in questa raccolta di uno dei testimoni più accurati della cultura del popolo siciliano, raccoglitore geniale e sinceramente appassionato: Serafino Amabile Guastella. Io devo a lui la base, l’ asse portante di un altro Ci ragiono e canto, il numero 3, con la famosa corsa dei berretti e dei cappelli 7 per la conquista del Potere, tratta dal suo Le parità e le storie morali dei nostri villani, opera definita da Leonardo Sciascia «ritratto di una condizione umana non indegna di figurare accanto a I Malavoglia». Tra le altre cose da lui pubblicate, figura qui un Canto della messe – raccolto appunto dal Guastella nella Contea di Modica – in cui lo sghignazzo popolare si fa micidiale sberleffo, e il Potere, sia esso rappresentato dalla forza pubblica, da un signorotto, da un notaio o da un prete, è insultato, preso in giro, colpito materialmente a pietrate, letteralmente annullato. Almeno per il breve tempo della mietitura.