Presentazione calendario Kromatografica 2017 – Ispica
Dedicare un calendario ad un fiore, il Gelsomino, ha significato viaggiare tra oriente e occidente, tra la grande storia che ha mosso gli uomini e le nazioni e la storia di vite minime, ma ricche di poesia.
Lo Jasminum Grandiflorum è il genere diffuso in Sicilia, dove un tempo era coltivato ed usato per la produzione di profumi. Originario della Penisola araba, di quella Indiana e dell’Africa orientale, è conosciuto come “Gelsomino siciliano”, ma anche come “Catalogno” o “Gelsomino di Spagna”, probabilmente perché introdotto in Spagna dagli arabi e da qui arrivato in Italia.
L’olio essenziale è estratto dai petali che conservano l’essenza in minuscole sacche epidermiche nella faccia interna del fiore. La distillazione avviene per enfleurage, con l’estrazione mediante solventi come l’etere di petrolio.
Prima di approdare ad Ispica, la produzione di gelsomino aveva luogo nel territorio di Avola, presso la ditta del dott. Corrado Lutri. I terreni di Ispica vennero portati in dote dalla moglie Concettina, figlia di Pietro Modica. L’azienda Lutri era associata con un’azienda profumiera francese che produceva le essenze per l’hoaute couture, gli stilisti del profumo.
Nel 1949 pensò di spostare la produzione ad Ispica, e nacque così la Ditta Concetta Modica. Impiegava circa 200 persone, si raccoglievano 400 kg di gelsomino al giorno, da cui otteneva 1 Kg di concreta.
La Ditta decise di chiudere quando in Francia molte aziende profumiere si convertirono al sintetico.
Nella raccolta erano impiegate soprattutto le donne e i bambini. La raccolta avveniva nelle ore notturne, quando il fiore era più ricco d’acqua e più carico di essenza. Al chiarore della luna il gelsomineto si presentava come una vallata bianchissima, tanto che non si ricorreva ad un alcun tipo di illuminazione.
Molti erano stanziali per tutto il periodo della raccolta, da maggio a ottobre, tornavano in paese soltanto per la festa della Madonna del Carmelo e per l’Assunta.
La sera si condivideva un pasto comune e diventava così occasione di convivialità. Giochi, scherzi, tra ragazzi ed adulti. Danze e canti. Qualcuno inscenava un teatrino. Nascevano anche amori. L’odore dei gelsomini era intenso durante la notte, impregnava l’aria e la pelle di chi per mesi passava le proprie notti tra i filari. Rimaneva attaccato addosso a lungo, tanto da essere segno di riconoscimento delle raccoglitrici.
I racconti delle notti nel gelsomineto ci sono stati donati da tanti ex raccoglitori che vi lavorarono e sono stati raccolti in un documentario, “Gersuminu”, curato da gxlab di Giovanpietro Avveduto; inoltre in occasione di questa ricerca il Maestro Carmelo Garofalo ha reso con una melodia jazz la poesia “Il gelsomino notturno” di Pascoli.